Adozione di un minore: necessario un monitoraggio attento delle figure genitoriali
Fondamentale stabilire se l’interesse migliore del minore sia quello di crescere nella famiglia di origine o in un differente contesto
La dichiarazione di adottabilità di un minore richiede un accertamento in concreto, e nell’attualità, dei suoi presupposti, e ciò mediante un attento monitoraggio delle figure genitoriali, al fine di stabilire se l’interesse migliore del minore sia quello di crescere nella famiglia di origine o in un differente contesto. In questa ottica, quindi, è necessario prioritariamente verificare il compimento di interventi di sostegno diretti a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare e valutare in concreto il percorso di recupero in atto e i relativi risultati, potendo dichiarare lo stato di adottabilità solo quando risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di crescere in uno stabile contesto familiare.
Questi i punti fermi fissati dai giudici (ordinanza numero 24728 del 7 settembre 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame le obiezioni sollevate da una madre a fronte della declaratoria di adottabilità delle due figlie minorenni.
In generale, nel procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità è possibile verificare se l’interesse del minore a non vedere recisi i legami con i genitori naturali debba prevalere o meno rispetto al quadro deficitario delle capacità genitoriali, fino ad escludere lo stato di abbandono, lasciando che, comunque, venga previsto, almeno in via temporanea, un regime di affidamento extrafamiliare, potenzialmente sostituibile da un’adozione minore. La possibilità di valutare la scelta di un’adozione mite, in luogo di quella piena, presuppone, dunque, l’accertamento dell’insussistenza di un vero e proprio stato di abbandono del minore. Diversa dall’adozione mite è, invece, la pronuncia che accerti lo stato di abbandono – e dunque l’adottabilità del minore – ma, nell’assumere i provvedimenti nell’interesse del fanciullo, consente il mantenimento dei contatti del minore con la famiglia di origine.
Come noto, la dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore è consentita solo in presenza di fatti gravi, indicativi, in modo certo, dello stato di abbandono, morale e materiale, che devono essere specificamente dimostrati, senza possibilità di dare ingresso a giudizi sommari di incapacità genitoriale, seppure espressi da esperti della materia, non basati su precisi elementi fattuali, idonei a dimostrare un reale pregiudizio per il figlio. Anche perché la dichiarazione di adottabilità è una misura estrema, che si fonda sull’accertamento dell’irreversibile non recuperabilità della capacità di assistenza morale e materiale, in presenza di fatti gravi, indicativi in modo certo dello stato di abbandono, morale e materiale.
La dichiarazione di adottabilità, in sintesi, richiede un accertamento in concreto e nell’attualità dei suoi presupposti, all’esito di un attento monitoraggio delle figure genitoriali (e dei parenti entro il quarto grado disponibili ad accudire il bambino, ove esistenti), al fine di stabilire se il migliore interesse del minore sia quello di crescere nella famiglia di origine o altrove, valutando la possibilità di procedere a un’adozione mite e, comunque, verificando le condizioni per mantenere, sempre nell’interesse del minore, incontri tra il medesimo e detti familiari, pur a seguito della dichiarazione di adottabilità.
La natura non assoluta, ma bilanciabile, del diritto del minore di rimanere nel nucleo familiare di origine, quale tessuto connettivo della sua identità, impone un esame approfondito, completo e attuale delle condizioni di criticità dei genitori (e dei familiari entro il quarto grado disponibili a prendersi cura del minore) e delle loro capacità di recupero e cambiamento, ove sostenute da interventi di supporto adeguati anche al contesto socioculturale di riferimento.
In presenza di criticità, dunque, si deve prioritariamente verificare il compimento di interventi di sostegno diretti a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare, o comunque la loro fattibilità, e, solo quando, a seguito del fallimento del tentativo, risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di crescere in uno stabile contesto familiare, è legittima la dichiarazione dello stato di adottabilità.
Questa visione, però, non è stata applicata nella vicenda in esame, poiché in Appello l’accertamento della condizione di abbandono morale e materiale dei minori è stato fondato sull’esistenza dei limiti personali della madre, limiti ritenuti incidenti sulle sue capacità genitoriali, ove esercitate in autonoma, sulla base di una rappresentazione astratta dei menzionati limiti, compiuta, inoltre, senza sperimentare se davvero si trattasse di limiti che, con il mantenimento degli interventi di supporto e la continuazione del percorso già avviato, avrebbero comunque consentito alla donna il raggiungimento di significativi progressi, come pure affermato da una psicologa e confermato dai miglioramenti riscontrati, con riferimento alle sue condizioni abitative, lavorative e di vita.
Per i giudici di Cassazione, quindi, l’impegno mostrato dalla donna nel percorso in atto e i miglioramenti palesati non consentono di giustificare la dichiarazione di adottabilità, quale soluzione definitiva, possibile solo a fronte di una stabilizzata situazione di inadeguatezza genitoriale grave, non rimediabile in tempi compatibili con gli interessi delle minori. Possibile, quindi, ora una direzione diversa, quale un’adozione mite o, comunque, un’adozione piena ma aperta, in grado di conservare il mantenimento dei rapporti tra madre e figlie.