Come si dimostra di aver subito un danno in caso di violazione delle distanze legali?

Il mancato rispetto delle distanze tra costruzioni comporta un danno automatico, il quale può essere considerato come provato attraverso un ragionamento presuntivo

Come si dimostra di aver subito un danno in caso di violazione delle distanze legali?

La questione sottoposta alla Suprema Corte origina da un caso in cui la Corte d'Appello ha respinto la richiesta di risarcimento dei danni derivanti da un'installazione illegittima di una canna fumaria vicino al balcone della ricorrente. La Corte non ha ritenuto l'esistenza di danni alla salute né ha accettato l'allegazione e la prova del danno al godimento del bene. Di conseguenza, la proprietaria dell'immobile ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione della Corte d'Appello e richiamando il principio che riconosce il danno in presenza di violazioni delle distanze stabilite.

I giudici della Cassazione hanno correttamente sottolineato che in casi come quello delle distanze tra costruzioni, al proprietario confinante spetta sia la possibilità di ripristino della situazione precedente sia il diritto al risarcimento dei danni. La Corte d'Appello ha sbagliato nel non considerare la possibilità di tutela risarcitoria, non avendo valutato adeguatamente gli elementi che compromettevano il godimento del bene, come la pericolosità intrinseca della canna fumaria in amianto, le violazioni delle norme di legge e il suo cattivo stato di conservazione.

Ora spetterà ai giudici del rinvio seguire il principio di diritto stabilito, che prevede che in caso di violazione delle distanze, l'esistenza di un danno può essere provata con un ragionamento presuntivo, prendendo in considerazione vari elementi che possano dimostrare una riduzione dell'utilità della proprietà, del suo valore e altri aspetti che devono essere validamente allegati e provati dall'attore (Cass. n. 17758 del 27 giugno 2024).

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