Conferma dell’Europa: legittima la multa dell’Antitrust a Google

Caso originato dal rifiuto di Google di intraprendere le azioni necessarie per garantire l’interoperabilità di ‘JuicePass’, app creata da Enel, con ‘Android Auto’

Conferma dell’Europa: legittima la multa dell’Antitrust a Google

Il rifiuto di un’impresa, in posizione dominante, di garantire l’interoperabilità della sua piattaforma con un’applicazione di un’altra impresa, che diverrebbe così più attraente, può essere abusivo. Invece, il rifiuto può essere giustificato dall’inesistenza di un modello per la categoria delle applicazioni interessate, quando la concessione dell’interoperabilità comprometterebbe la sicurezza o l’integrità della piattaforma. Questi i principi fissati dai giudici (sentenza del 25 febbraio 2025 della Corte di giustizia dell’Unione Europea), chiamati a prendere in esame il caso riguardante Google e l’interoperabilità di una ‘app’ creata da Eni col sistema ‘Android Auto’. Chiari i dettagli della vicenda. Nel 2018 Enel ha lanciato in Italia l’applicazione ‘JuicePass’, che consente ai conducenti di localizzare e prenotare stazioni di ricarica per i loro veicoli elettrici. Al fine di facilitare la navigazione verso tali stazioni, Enel ha chiesto a Google di rendere l’applicazione compatibile con ‘Android Auto’, il sistema di Google che consente di accedere, direttamente sullo schermo di bordo delle automobili, ad applicazioni presenti su smartphone. Infatti, sviluppatori terzi possono adattare le loro applicazioni ad ‘Android Auto’ grazie ai template (modelli) forniti da Google. Google ha però rifiutato di intraprendere le azioni necessarie per garantire l’interoperabilità di ‘JuicePass’ con ‘Android Auto’. A fronte di tale quadro, l’Antitrust ha inflitto un’ammenda di oltre 102milioni di euro a Google, ritenendo che tale comportamento costituisse un abuso di posizione dominante. Google ha messo in dubbio la legittimità di tale sanzione, che pare però legittimata dalle valutazioni dei giudici comunitari, i quali affermano che il rifiuto di un’impresa in posizione dominante, che ha sviluppato una piattaforma digitale, di garantire l’interoperabilità di tale piattaforma con un’applicazione sviluppata da un’impresa terza può costituire un abuso di posizione dominante. Siffatto abuso di posizione dominante non è limitato all’ipotesi in cui la piattaforma sia indispensabile per l’esercizio dell’attività del richiedente l’accesso. Può esistere anche quando, come sembra avvenire nel caso riguardante ‘Android Auto’, l’impresa in posizione dominante non ha sviluppato la piattaforma per le sole esigenze della propria attività, ma nella prospettiva di consentire il suo utilizzo da parte di imprese terze, e tale piattaforma non è indispensabile per lo sfruttamento commerciale di un’applicazione sviluppata da una siffatta impresa terza, ma è idonea a rendere detta applicazione più attraente per i consumatori. Il diniego di accesso può produrre effetti anticoncorrenziali anche se l’impresa terza che ha sviluppato l’applicazione e i suoi concorrenti sono rimasti attivi sul mercato in cui rientra tale applicazione e vi hanno sviluppato la loro posizione, senza beneficiare dell’interoperabilità con la piattaforma. A tale riguardo, occorre valutare se il rifiuto sia stato tale da ostacolare il mantenimento o lo sviluppo della concorrenza sul mercato rilevante, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto pertinenti. Il rifiuto di un’impresa in posizione dominante di garantire l’interoperabilità di un’applicazione con una piattaforma digitale può essere giustificato dall’inesistenza di un modello per la categoria delle applicazioni interessate quando la concessione di tale interoperabilità mediante un siffatto modello comprometterebbe l’integrità di tale piattaforma o la sicurezza del suo utilizzo, o quando sarebbe impossibile, per altre ragioni tecniche, garantire l’interoperabilità sviluppando tale modello. Tuttavia, se così non è, l’impresa in posizione dominante è tenuta a sviluppare tale modello entro un termine ragionevole e a fronte, eventualmente, di un corrispettivo economico adeguato. In tale contesto occorre prendere in considerazione le esigenze dell’impresa terza che ha chiesto tale sviluppo, il costo effettivo di quest’ultimo e il diritto dell’impresa in posizione dominante di trarne un profitto adeguato.

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