Diritto alla provvigione del mediatore: collegamento tra affare concluso e parte originaria dell'incarico

Un mediatore ha diritto di ricevere una commissione ogni volta che si conclude un affare per il quale aveva ricevuto l'incarico. Anche se cambiano le parti coinvolte nella trattativa, purché ci sia un collegamento tra la parte che ha originariamente dato l'incarico e quella che alla fine conclude l'affare, il mediatore ha diritto alla sua provvigione

Diritto alla provvigione del mediatore: collegamento tra affare concluso e parte originaria dell'incarico

Nel caso in esame, una società aveva incaricato un intermediario di vendere un suo immobile. Nonostante la proposta di acquisto da parte di Tizia fosse stata inizialmente rifiutata, la società proprietaria, in seguito, trasferì il suo patrimonio a una nuova società in cui l'aspirante acquirente era collegato tramite un legame familiare. L'intermediario richiese quindi la commissione data la conclusione dell'affare. 

Inizialmente, la richiesta del mediatore venne respinta poiché si riteneva che l'affare concluso fosse concettualmente diverso da quello per il quale era stato incaricato. Tuttavia, in secondo grado, la richiesta venne accolta e il legale della società originaria fu condannato al pagamento della commissione, in quanto vi era continuità tra le parti coinvolte nelle trattative e quelle che avevano concluso il contratto, con un nesso di causalità tra l'azione dell'intermediario e la conclusione dell'affare. 

La Corte Suprema ribadisce a riguardo che il diritto del mediatore a ricevere la commissione nasce una volta che l'affare è concluso, indipendentemente dal cambiamento delle parti coinvolte, a condizione che ci sia un collegamento tra le parti coinvolte nelle trattative e quelle che chiudono effettivamente l'affare. 

E ciò che importa è che il fine economico per il quale è stato dato l'incarico al mediatore sia raggiunto, anche se non vi è una corrispondenza perfetta tra il contratto concluso e quello originariamente proposto nell'incarico. È fondamentale, infatti, che questo fine sia collegato all'intervento dell'intermediario e che ci sia continuità tra chi ha conferito l'incarico e chi ha concluso il contratto. 

La Cassazione ha quindi criticato la sentenza di secondo grado per aver condannato solo il rappresentante legale della società originaria al pagamento della commissione anziché la società stessa, poiché gli atti compiuti dal rappresentante sono imputabili alla società rappresentata. La responsabilità personale del rappresentante sussiste solo se dimostrato che ha agito per il proprio interesse o ha indotto il terzo a credere che stesse vendendo un bene di sua proprietà. (Cass. civ., sez. II, ord., 20 giugno 2024, n. 16973) 

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