Estromesso il socio che non versa materialmente la propria quota

La sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale si perfeziona con una mera dichiarazione di volontà del socio

Estromesso il socio che non versa materialmente la propria quota

Legittima l’estromissione del socio se non ha provveduto tempestivamente a contribuire per la propria quota all’aumento di capitale sociale. Decisivo, precisano i giudici (sentenza del 16 gennaio 2025 del Tribunale di Venezia), il richiamo al principio secondo cui la sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale è un contratto consensuale e non reale, che si perfeziona, cioè, con la mera dichiarazione di volontà del socio di aderire all’aumento e non con il versamento della somma corrispondente. Riflettori puntati su una società con capitale sociale pari a 10mila euro e due soci, uno al 70 per cento e uno al 30 per cento. A fronte di un bilancio con perdita pari ad oltre 150mila euro, con delibera ad hoc viene previsto un aumento di capitale, così distribuito: al socio di maggioranza tocca tirare fuori 7mila euro a titolo di ricostituzione del capitale sociale e oltre 99mila euro a titolo di sovrapprezzo, corrispondenti alla quota del 70 per cento; al socio di minoranza, invece, tocca tirare fuori 3mila euro a titolo di ricostituzione del capitale sociale e oltre 42mila euro a titolo di sovrapprezzo, corrispondenti alla quota del 30 per cento In aggiunta, poi, l’efficacia della copertura delle perdite e dell’azzeramento del capitale sociale viene sospensivamente condizionata all’integrale esecuzione della delibera di aumento entro una determinata data. Il socio di minoranza non comunica nulla all’amministratore in merito alla volontà di versare le quote di aumento del capitale sociale, mentre – a quanto gli constava – il socio di maggioranza versa tempestivamente soltanto la sua quota di aumento del capitale sociale, e successivamente scopre che il socio di maggioranza risulta essere unico socio. Secondo il socio di minoranza, però, ci si trova di fronte ad un atto arbitrario, poiché la delibera incriminata è da considerare inefficace, in quanto l’aumento del capitale sociale non era stato sottoscritto e liberato in denaro entro il termine previsto, posto che il socio di maggioranza aveva versato soltanto la quota di sua competenza. Tirando le somme, il socio di minoranza chiede di essere reintegrato nella compagine sociale, sostenendo di essere stato illegittimamente estromesso in esecuzione di una delibera in realtà inefficace. I giudici ribattono osservando che le condotte che i soci dovevano tenere entro una data prestabilita vanno ricavate in maniera più ampia. Nello specifico, entro la data prefissata, ogni socio avrebbe dovuto: dichiarare di voler sottoscrivere la propria quota di aumento del capitale; versare integralmente l’importo della propria quota di aumento del capitale; richiedere di sottoscrivere la quota di aumento di capitale dell’altro socio per l’ipotesi in cui quest’ultimo avesse deciso di non sottoscrivere.

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