I crediti prescritti non vanno conteggiati per la verifica del superamento della soglia dimensionale

In sostanza, la prescrizione costituisce fatto sostanzialmente estintivo del debito che rende il credito non più esigibile

I crediti prescritti non vanno conteggiati per la verifica del superamento della soglia dimensionale

Nel contesto del procedimento per la dichiarazione di fallimento, i crediti prescritti non devono essere computati ai fini della verifica del superamento della soglia dimensionale, prevista dalla legge fallimentare, in quanto la prescrizione costituisce fatto sostanzialmente estintivo del debito che rende il credito non più esigibile. Di conseguenza, il giudice della fase prefallimentare o del reclamo, ove l'intervenuta prescrizione non sia pacifica, ha il dovere di accertarne la fondatezza sulla base delle prove acquisite e di quelle acquisibili d'ufficio, potendo richiedere informazioni urgenti anche a soggetti non parti del giudizio. Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 29008 dell’11 novembre 2024 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il reclamo proposto dal titolare di una ditta individuale a fronte del provvedimento con cui ne è stato dichiarato il fallimento. Smentita in Cassazione la valutazione compiuta in Appello, valutazione secondo cui i crediti prescritti vanno comunque conteggiati, alla luce della legge fallimentare. Tale valutazione è in palese contrasto con la norma, volta, fra l’altro, ad ampliare in senso quantitativo il novero degli imprenditori esonerati dal fallimento, onde evitare l’apertura di procedure sostanzialmente inutili perché prive di attivo o con scarso passivo. Inoltre, bisogna tenere presente, annotano i giudici, che, così come il pagamento o la compensazione, la prescrizione è fatto sostanzialmente estintivo del debito, che rende il credito non più esigibile e che ben può essere eccepito dal curatore. Di conseguenza, ritenere che l’intervenuta prescrizione di un credito (ovviamente di importo tale da essere determinante per il superamento della soglia di fallibilità) non sia fatto impeditivo della dichiarazione di fallimento e che pertanto non sia compito del giudice del procedimento verificare se sia o meno fondata la deduzione difensiva svolta in tal senso dal debitore, pur nella consapevolezza che quel credito non sarà ammesso al passivo, appare allora frutto di una logica punitiva, in qualche misura, dell’imprenditore fallendo, totalmente estranea allo spirito della legge di riforma.

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