Infarto evitato ma terapia sbagliata: come calcolare il risarcimento del danno?
La Cassazione affronta una delicata e dibattuta questione riguardante la valutazione del danno differenziale in un contesto medico-legale complesso

Tizio, colpito da un grave attacco di cuore seguito da una caduta, si trovava a fronteggiare una invalidità permanente. Egli aveva intrapreso un'azione legale contro l'Azienda Ospedaliera, sostenendo di aver subito un danno aggiuntivo dovuto a un'errata prescrizione di farmaci: mentre la terapia anticoagulante era appropriata, l'uso degli antiaggreganti senza una verifica preliminare aveva rappresentato un errore cruciale.
La questione centrale riguardava la valutazione del danno differenziale nel contesto della responsabilità medica. Il Tribunale aveva assegnato un risarcimento di circa 70 mila euro, calcolato sulla base della percentuale di invalidità permanente complessiva del paziente e della porzione attribuibile all'errore medico. La Corte di Appello aveva aumentato l'importo a quasi 215 mila euro, considerando un danno aggiuntivo.
La Cassazione, seguendo i precedenti giurisprudenziali, ha annullato questa decisione. I giudici, infatti, sottolineano che nella pratica della responsabilità medica il danno deve essere calcolato considerando l'effettiva invalidità e sottraendo la parte non imputabile all'errore medico. Nel caso specifico, il danno differenziale avrebbe dovuto essere determinato in modo più appropriato.
La Corte Suprema ha affermato che il grado di invalidità permanente deve essere valutato senza pregiudizi, considerando l'impatto reale dei postumi sulla persona prima dell'infortunio: nel caso in esame, la mancanza di questa valutazione controfattuale ha rappresentato una lacuna sostanziale.
La Corte ha inoltre ribadito che il calcolo del danno differenziale deve essere svolto con rigore, considerando la causalità dell'errore medico: pertanto, in presenza di lesioni non attribuibili all'errore medico, il diritto al risarcimento del danno aggiuntivo può essere riconosciuto solo se la relazione tra i diversi postumi sia di concorrenza e non di semplice coesistenza.
In definitiva, la sentenza rimarca l'importanza di valutare attentamente il danno biologico differenziale con una prospettiva chiara sulla causalità e sull'effettiva incidenza degli eventi sulla salute del soggetto coinvolto (Cass. n. 21261 del 30 luglio 2024).