Madre carente emotivamente: figlio affidato in esclusiva al padre
Per i giudici, però, in generale, la mera conflittualità tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti separatizi, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso

A fronte di una separazione personale, la mera conflittualità tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti separatizi, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso. A patto, però, che la netta diversità di vedute tra moglie e marito si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole. Invece, essa assume connotati ostativi alla applicazione dell’affidamento condiviso, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, sia tale da pregiudicare il loro prioritario interesse. Proprio alla luce di questi principi, i giudici hanno confermato (ordinanza numero 26517 dell’11 ottobre 2024 della Cassazione) l’affidamento esclusivo di una bambina al padre, respingendo completamente le obiezioni sollevate dalla madre, oramai ex compagna dell’uomo. Decisiva la constatazione che l’uomo risulta essere una buona figura paterna, tutelante e rispondente, equilibrata con la bambina e presente nelle diverse fasi della crescita, responsabile e accorto ai bisogni della bambina stessa, capace anche di posticipare i propri bisogni per la serenità della minore, mentre la madre, già provata dal complicato rapporto con la propria madre, ha forti carenze nella sintonizzazione e nella comprensione emotiva, non riesce a codificare il malessere della bambina che percepisce unicamente come un rifiuto e gestisce attraverso dinamiche più vicine alla gelosia che alla costruzione di una relazione esclusiva basata sull’affetto. Per chiudere il cerchio, poi, un dato ulteriore: la bambina ha un rapporto sereno con il padre e la famiglia paterna, mentre prova paura nei confronti della madre e del suo contesto familiare, tanto da percepire il contesto materno pericoloso per la propria sicurezza e teso a portarla via dal proprio ambiente sicuro che per lei è la casa paterna, dove sta bene ed è serena e dove si sente protetta e amata. Tirando le somme, non vi sono i presupposti per un affidamento condiviso della minore. Ciò in ragione sia dell’estrema conflittualità nella coppia, che si riverserebbe negativamente sulla minore, sia di una oggettiva difficoltà, da parte della figura materna, nei processi di accudimento complessi, posto che ella fatica a sintonizzarsi con il disagio della bambina, disagio legato proprio al suo comportamento. Necessario, quindi, che la bambina continui a vivere con il padre, mantenendo tutte le sue abitudini e la propria serenità, onde non pregiudicare la sua crescita psicologica, con disciplina degli incontri tra la minore e la madre in situazione protetta e in presenza di uno psicologo onde agevolare la ripresa dei rapporti e non rischiare la rottura definitiva del legame.