Nessun ristoro in automatico per l’ingiusto protesto di un assegno

Insufficiente il solo riferimento all’immagine personale e professionale del soggetto che ha subito il protesto

Nessun ristoro in automatico per l’ingiusto protesto di un assegno

Niente ristoro economico automatico per il professionista che è sottoposto all’ingiusto protesto di un assegno. Ciò perché, chiariscono i giudici (ordinanza numero 25940 del 3 ottobre 2024 della Cassazione), il pregiudizio arrecato ai diritti immateriali della personalità, costituzionalmente protetti, inclusi quello all’immagine e alla reputazione commerciale o professionale, non costituisce un danno in re ipsa, derivante cioè dalla mera illegittimità del protesto, ma richiesta specifica prova sia della sua esistenza che della sua entità. Pertanto, è necessario dimostrare la gravità della lesione e la non futilità del danno, non essendo sufficiente il solo riferimento alla posizione professionale del soggetto leso. Analizzando in dettaglio la specifica vicenda, i giudici precisano la domanda di risarcimento è risultata carente, non essendo stati specificati gli elementi di fatto rilevanti ai fini del danno risarcibile al netto dell’incarico ricoperto dal professionista quale direttore o amministratore di una importante società, e non essendo stati forniti adeguati mezzi istruttori finalizzati a provare l’esistenza e l’entità del pregiudizio. Di conseguenza, non è stato possibile farsi luogo alla liquidazione del danno in via equitativa, in mancanza della prova dell’esistenza (ontologica) di un danno. Insufficiente, quindi, precisano i giudici, il riferimento all’immagine personale e professionale del soggetto che ha subito il protesto dell’assegno.

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