Niente soldi alla figlia maggiorenne che ha un’occupazione precaria

I Giudici considerano la posizione della giovane, che ha conseguito l’abilitazione di onicotecnico, trovando spazio nel settore di competenz come estetista, ancorchè precaria

Niente soldi alla figlia maggiorenne che ha un’occupazione precaria

Possibile ‘liberare’ il padre dall’obbligo di mantenere la figlia se questa ha oltre 30 anni di età, ha concluso il proprio percorso di studi e ha reperito un’occupazione, seppur precaria. Questa la prospettiva tracciata dai giudici della Cassazione (ordinanza 22075 del 5 agosto 2024), i quali hanno ridato speranze ad un uomo che si ritrova ancora oggi sul groppone l’obbligo di versare ogni mese un assegno di mantenimento in favore della figlia che, nata da una relazione more uxorio, ha superato la soglia dei 30 anni di età, ha portato a termine la propria formazione e ha anche trovato un impiego, seppur precario. La cifra stabilita dal Tribunale, cioè 400 euro, era stata già ridotta in Appello e portata a 250 euro, ma in Cassazione l’uomo ha ribadito la propria richiesta: vedere revocato completamente l’obbligo di versare il mantenimento alla figlia. E tale istanza è plausibile, almeno sulla carta, secondo i giudici di terzo grado, i quali pongono in evidenza che la donna ha conseguito l’abilitazione di onicotecnico, cioè tecnico delle unghie, e ha trovato spazio, da un punto di vista lavorativo, nel settore di competenza, seppur in modo precario, come estetista. Proprio l’attività lavorativa svolta va valutata, secondo i giudici di Cassazione, come indice di capacità reddituale, se pur precaria, e, peraltro, tenendo conto del contesto, ossia la realtà di un piccolo paesino di montagna di circa 3.000 abitanti dove ella vive, al fine di stabilire se l’assegno di mantenimento deve essere ancora mantenuto. Senza dimenticare, poi, che in tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del figlio stesso, vertendo esso sulla circostanza di avere lui curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro. Di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell’ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento. Viceversa, per il figlio adulto sarà, in ragione del principio dell’autoresponsabilità, particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa.

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