Vettura usata difettata data in permuta per l’acquisto di un nuovo veicolo: possibile comunque il risarcimento.

Confermato in via definitiva il diritto di un uomo a percepire oltre 2mila euro dalla società che gli ha venduto una vettura usata caratterizzata da un grave malfunzionamento dell’impianto di alimentazione a GPL. Legittima la pretesa risarcitoria avanzata dall’uomo, nonostante egli abbia dato in permuta il veicolo difettato per acquistarne uno nuovo.

Vettura usata difettata data in permuta per l’acquisto di un nuovo veicolo: possibile comunque il risarcimento.

A dare il ‘la’ alla vicenda giudiziaria è l’azione con cui un uomo chiede un adeguato ristoro economico per il ‘pacco’ ricevuto acquistando da una società una vettura usata caratterizzata da un grave malfunzionamento dell’impianto di alimentazione a GPL.

Per i giudici di merito l’istanza dell’uomo è legittima: così, prima in Tribunale e poi in Appello, gli viene riconosciuto il diritto a percepire 2mila e 87 euro dalla società che gli ha venduto la vettura rivelatasi difettosa.

Col ricorso in Cassazione la società venditrice punta a mettere in discussione il diritto dell’uomo ad ottenere il risarcimento riconosciutogli in Appello. In questa ottica, il legale che rappresenta la società osserva, Codice del consumo alla mano, che «vi è soltanto il diritto del consumatore di richiedere, alternativamente, il ripristino della conformità del bene ovvero, in casi specifici, la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo». Secondo il legale, quindi, all’uomo è stata riconosciuta «una tutela non prevista».

A questa osservazione, però, i magistrati di Cassazione ribattono prontamente, osservando che «la tutela accordata al consumatore», come da Codice del consumo, ossia «ripristino della conformità del bene oppure, in casi specifici, risoluzione del contratto o riduzione del corrispettivo», «non sostituisce gli ordinari rimedi previsti dal Codice Civile, bensì si aggiunge ad essi, onde l’uomo aveva il pieno diritto di agire anche per il risarcimento del danno».

Per fare maggiore chiarezza, comunque, i magistrati richiamano il principio secondo cui «in tema di vendita di beni di consumo affetti da vizio di conformità, ove la riparazione o la sostituzione risultino, rispettivamente, impossibile ovvero eccessivamente onerosa, va riconosciuto al consumatore il diritto di agire per il solo risarcimento del danno, quale diritto attribuitogli da altre norme dell’ordinamento, secondo quanto disposto dal ‘Codice del consumo’».

In sostanza, «la tutela specifica» per il consumatore «non ha contenuto sostitutivo, ma si aggiunge, ai rimedi ordinari, in quanto la normativa speciale corrisponde alla finalità di assicurare al consumatore, ritenuto parte debole del rapporto con il produttore, distributore o rivenditore del prodotto destinato al consumo, una protezione aggiuntiva rispetto a quella riconosciuta, in via generale, a tutte le parti contrattuali».

Inoltre, i magistrati chiariscono che «la circostanza che l’uomo abbia consegnato il veicolo oggetto di causa in permuta, acquistandone uno nuovo, dimostra l’impossibilità di praticare lo specifico rimedio ripristinatorio della funzionalità del veicolo. Tuttavia, non può sostenersi che il consumatore che abbia ceduto il bene viziato non conservi comunque il diritto ad essere tutelato, poiché la protezione non concerne il bene in sé, ma si riferisce alla posizione debole del consumatore, nell’ambito del rapporto di consumo».

Tradotto in parole povere, «l’uomo ha legittimamente richiesto il risarcimento del danno subito, e conserva detta prerogativa indipendentemente dalle successive vicende traslative del bene difettato da lui acquistato». (Cassazione, ordinanza numero 23328, sezione seconda civile, depositata il 28 agosto 2024)

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