60mila euro incassati per conto di un uomo incapace di intendere e di volere e mai restituiti: interviene la Cassazione

Se il debitore (in questo caso, la banca) adempie tramite un intermediario scelto dal creditore, la quietanza fornita costituisce prova del pagamento, ma questo non implica automaticamente che l'importo sia stato effettivamente restituito al legittimo proprietario

60mila euro incassati per conto di un uomo incapace di intendere e di volere e mai restituiti: interviene la Cassazione

La vicenda in esame nasce dall’assistenza e dall’accudimento da parte di una vicina di casa a favore di un uomo che negli ultimi mesi di vita era divenuto incapace di intendere e volere e si era separato dalla moglie. Pochi mesi prima del decesso, la figlia della vicina di casa riscosse dalla banca oltre 60mila euro che l’uomo aveva ricavato dal disinvestimento di titoli, depositato su un libretto di risparmio. L’importo non era però mai restituito al legittimo proprietario.

La vedova chiedeva dunque al Tribunale la condanna della ragazza alla restituzione della somma.

Il Tribunale accolse la domanda, in sede d’appello però la decisione veniva ribaltata.

Secondo la Corte d’appello, infatti, la presenza di due firme sulla quietanza di pagamento rilasciata dalla banca (la firma della ragazza che aveva materialmente ricevuto il denaro e quella dell’uomo, con la dicitura “per quietanza”) dimostrava che il ritiro della somma fosse avvenuto per ordine dell’uomo, mentre la ragazza era solo l’esecutore materiale del prelievo.

La vicenda è giunta all’attenzione della Cassazione che accoglie il ricorso della vedova alla luce del principio secondo cui «se il debitore adempie l’obbligazione nelle mani di un indicatario al pagamento, la quietanza rilasciata dal creditore costituisce prova dell’adempimento e della liberazione del debitore; non costituisce però, da sola e di per sé, prova che l’accipiens abbia restituito al creditore l’importo ricevuto».

In altre parole, la sottoscrizione apposta dal defunto in calce alla dicitura “per quietanza” significava solo che egli aveva liberato la banca dalla sua obbligazione. Quella dicitura non costituiva però prova, ai sensi di legge, del ricevimento della somma da parte dell’uomo, come invece aveva affermato la Corte d’appello. Né, tanto meno, poteva ritenersi dimostrato l’adempimento dell’obbligazione che faceva capo alla ragazza di riconsegnare al mandante la somma ritirata. Tale comportamento andava provato rigorosamente durante il processo, oltretutto in considerazione delle particolari condizioni in cui l’uomo versava.

La sentenza impugnata viene quindi cassata con rinvio alla Corte d’appello (Cass. civ., sez. III, ord., 21 maggio 2024, n. 14130).

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