La distribuzione del surplus finanziario nel concetto di continuità aziendale

L'appartenenza o la neutralità rispetto al patrimonio del debitore sono importanti per la distribuzione ai creditori.

La distribuzione del surplus finanziario nel concetto di continuità aziendale

Nel caso in esame, il Tribunale di La Spezia aveva dichiarato l'inammissibilità della domanda di concordato e il fallimento di una società e dei soci illimitatamente responsabili. Il tribunale contestava alla società la qualificazione dei proventi derivanti dalla continuazione dell'attività come finanza esterna, affermando che non potevano essere distribuiti liberamente ai creditori ma dovevano seguire l'ordine legale di prelazione. La Corte di appello di Genova aveva confermato questa decisione.

La società aveva poi impugnato il decreto davanti alla Corte di Cassazione, che aveva discusso se il surplus derivante dalla continuazione dell'attività d'impresa potesse essere liberamente distribuito dal debitore o dovesse rispettare l'ordine di prelazione.

Il Collegio, con sentenza n. 22474/2024, ha chiarito che il surplus finanziario determinato dalla continuazione utile dell'attività d'impresa non poteva essere liberamente distribuito dal debitore, ma doveva rispettare l'ordine legale di prelazione. Questo surplus rappresentava un incremento del valore dei fattori produttivi aziendali e non poteva essere trattato come nuova finanza esterna liberamente distribuibile. È stato, quindi, sottolineato che, anche in situazioni concorsuali, è importante rispettare le cause di prelazione e garantire il migliore soddisfacimento dei creditori. L'apporto di nuova finanza esterna può sottrarsi alle regole delle prelazioni solo se neutrale rispetto al patrimonio del debitore.

Inoltre, i flussi finanziari generati dalla continuazione dell'attività d'impresa non possono essere equiparati a nuova finanza esterna e devono rispettare l'ordine legale di prelazione dei creditori. Questo surplus non è liberamente distribuibile e deve seguire le regole stabilite.

In conclusione, la S.C. ha stabilito che il surplus finanziario determinato dalla prosecuzione utile dell'attività d'impresa deve essere considerato un aumento del valore dei fattori produttivi aziendali e non può essere distribuito liberamente dal debitore, ma deve seguire l'ordine legale di prelazione.

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