La suddivisione della pensione di reversibilità tra un coniuge separato e un coniuge superstite

La Corte di cassazione ribadisce le regole per l’assegnazione della pensione di reversibilità a seguito della morte di una persona quando ad essere coinvolti sono ex coniugi e coniugi superstite

La suddivisione della pensione di reversibilità tra un coniuge separato e un coniuge superstite

Il ricorrente chiedeva al Tribunale di Velletri di vedersi assegnata il 65% della pensione di reversibilità percepita dall’ormai defunto ex coniuge. Il Tribunale però, attribuiva il 30% alla richiedente e il 70% alla coniuge superstite, causando la conseguente impugnazione della sentenza presso la Corte di appello di Roma. La quale, respingendo l'appello incidentale assegnava all'ex coniuge superstite l’85% della pensione per via della maggiore durata del loro matrimonio e la mancanza di redditi da parte di quest’ultima, con una riduzione ulteriore quindi, della quota spettante alla coniuge divorziata.

La soccombente, dunque, adiva la Suprema Corte, eccependo l’erronea determinazione delle quote, basata su un calcolo inesatto del lasso temporale trascorso in comunione con il defunto nonché l'uso improprio dell'assegno di divorzio come parametro di confronto per la distribuzione della pensione. La Corte Suprema ha ribadito che la ripartizione della pensione deve tener conto della durata dei matrimoni, delle condizioni economiche e dell'assegno di divorzio, e che devono essere considerati anche i periodi di convivenza prematrimoniale e la stabilità di tali relazioni.

Secondo la Corte Suprema, la Corte di appello aveva correttamente considerato tali elementi nella decisione sulla quota di pensione spettante, dando quindi il giusto peso alla situazione globale delle parti coinvolte. L'assegno di divorzio è stato interpretato non come un limite legale, ma come un fattore di supporto alla solidarietà, in linea con le leggi vigenti.

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