Procedura di rettificazione dell'atto di stato civile: legittimazione dei soggetti privati e ruolo del PM
In tema di rettifica degli atti di stato civile, è essenziale che i soggetti privati abbiano un interesse legittimo per poter agire. Secondo il d.P.R. n. 396/2000, solo il Pubblico Ministero ha automaticamente il diritto di farlo in qualsiasi momento. Questo è il principio che emerge dalla sentenza in esame.

Nel caso specifico, due donne si erano sposate nel 2016 a New York e avevano successivamente deciso di avere un figlio tramite inseminazione assistita. Nel 2017, la loro figlia era nata in California e il certificato di nascita riportava entrambi i nomi delle donne come genitori. Dopo che la relazione tra le due donne si era interrotta, il Pubblico Ministero, su richiesta dei genitori biologici, aveva chiesto al Tribunale di correggere il certificato di nascita, sostenendo che era stato trascritto erroneamente.
Durante il processo, la madre biologica e la tutrice legale della bambina avevano appoggiato le argomentazioni del Pubblico Ministero, mentre l'altra donna coinvolta contestava la richiesta di correzione. Il Tribunale aveva respinto la richiesta sostenendo che non c'erano motivi validi per la rettifica in quanto il certificato estero corrispondeva alla trascrizione effettuata e che la richiesta di modifica riguardava solo la paternità della donna non biologica, trasformandosi in una questione diversa.
Decisione poi confermata successivamente dalla Corte d'Appello e contestata dai genitori biologici e dal PM.
La questione è quindi giunta davanti alla Corte di Cassazione, dove viene ricordato che l'art. 95 del d.P.R. 396/2000 stabilisce chi può agire per correggere gli atti di stato civile, con il Pubblico Ministero autorizzato a farlo senza limiti temporali. Nell'azione di rettificazione, i soggetti privati devono dimostrare di avere un interesse concreto diverso da quello del PM.
Nel caso in questione, i genitori biologici non avevano dimostrato alcun interesse specifico, limitandosi a contestare le discrepanze generali tra il certificato straniero e le leggi interne.
Pertanto, la mancanza di interesse legittimo delle parti ricorrenti ha portato alla loro qualificazione giuridica come "intervenienti ad adiuvandum", rendendo inammissibile la loro impugnazione separata della decisione della Corte d'Appello.