Aereo soppresso e passeggeri per 58 ore lasciati in aeroporto: il mero disagio non basta

Pur a fronte della accertata responsabilità della compagnia aerea, va negato il ristoro economico richiesto dai due passeggeri vittima della disavventura

Aereo soppresso e passeggeri per 58 ore lasciati in aeroporto: il mero disagio non basta

Colpevole la compagnia aerea per l’arbitraria sospensione del volo e per la conseguente disavventura subita da due passeggeri, costretti per oltre due giorni in aeroporto. Ciò nonostante, però, è impossibile ipotizzare un risarcimento, poiché, precisano i giudici (sentenza 20941 del 26 luglio 2024 della Cassazione), ci si trova di fronte a un generico riferimento a un disagio.

Protagonisti, loro malgrado, della vicenda sono due turisti, costretti a citare in giudizio la compagnia aerea ‘American Airlines’ per denunciare di essere stati abbandonati per oltre due giorni (58 ore, per la precisione), nel marzo del 2015, senza alcuna assistenza e senza informazioni, presso l'aeroporto di New York, dopo l'arbitraria soppressione del loro volo diretto a Las Vegas. Per i giudici del Tribunale è lampante la responsabilità di ‘American Airlines’ con riferimento al grave ritardo – di oltre 58 ore –, denunciato dai due passeggeri, del volo New York-Las Vegas, anche perché è mancata la prova dell’esistenza di una causa di forza maggiore alla base del problema. Tuttavia, le due persone vittime della disavventura non hanno certificato, secondo i giudici del Tribunale, il danno patrimoniale e non patrimoniale subito, conseguente agli oltre due giorni di costrizione in aeroporto causati dalla soppressione del volo senza riprogrammazione.

Questa valutazione è condivisa appieno dai magistrati di Cassazione, i quali ricordano, innanzitutto, che l’esistenza di un danno-evento contrattuale non necessariamente comporta, però, anche l'esistenza di un danno risarcibile, e aggiungono poi che nella vicenda in esame i due passeggeri si sono limitati a dedurre un generico disagio (o stress) da forzata e insopportabile attesa.

Per essere ancora più chiari, poi, i magistrati osservano che la fattispecie presa in esame non è quella di un inadempimento in senso proprio, bensì quella dell’adempimento ritardato (e, dunque, inesatto): la prestazione non è mancata ma è risultata differente da quella programmata in contratto ed attesa dal creditore in relazione ad una dimensione che la connotava, cioè quella temporale. In effetti, la distanza cronologica tra il volo programmato e quello effettivo fa sì che la prestazione eseguita non sia esattamente corrispondente a quella programmata in contratto e dovuta dal vettore, osservano i giudici, e, quindi, poiché l'interesse del creditore è certamente correlato anche a tale connotazione temporale della prestazione, non può dubitarsi che la sua mancanza determini lesione di quell'interesse e, in tal senso, anch'essa, un danno-evento. Tale lesione non è però direttamente correlabile anche ad un pregiudizio risarcibile. L'interesse del creditore (contrattualmente rilevante) al rispetto dell’orario programmato del volo non esibisce un intrinseco univoco valore suscettibile di essere posto direttamente ad oggetto e parametro della succedanea obbligazione risarcitoria: il tempo perduto (ossia quello intercorso tra il momento nel quale il creditore attendeva di essere già a destinazione e invece non lo è stato e il momento, successivo, in cui lo è stato) è di per sé un bene impalpabile in assenza di alcun riferimento a ciò che in quel segmento temporale il creditore avrebbe potuto fare e non ha fatto e a ciò che avrebbe potuto evitare di fare e che invece è stato costretto a fare. Il danno risarcibile dunque non può, in tal caso, che identificarsi interamente con le utilità ed i vantaggi, estranei al vincolo obbligatorio, che siano andati eventualmente perduti in ragione del ritardo (lucro cessante) e con i maggiori esborsi eventualmente resisi necessari (danno emergente).

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